È la versione italiana più celebre dell’omonima canzone di Boris Vian del 1954, incisa nel 1992 da Ivano Fossati all’interno del disco “Lindbergh (lettere da sopra la pioggia)”
II testo, in pratica, è il sentito rifiuto – anche a costo della propria vita – di partire a seguito della chiamata alle armi. Andare in guerra ad ammazzare i propri simili a causa di assurde ideologie o giochi di potere lontani dalla propria vita reale che, di fatto, verrebbe solo danneggiata e persa per sempre per interessi di potere.
La canzone nasce ai tempi della disfatta francese nella battaglia di Dien Bien Phu. Avvenimento che segna la fine della guerra in Indocina e che non viene accolto bene dal potere al punto di essere vittima di modifiche nel testo originale con l’intento di eliminare i riferimenti al Presidente prima della totale censura radiofonica.
Il brano diventato un inno pacifista, un manifesto contro la presenza coloniale francese nell’Algeria che lottava per la propria libertà.
In merito al tema della canzone, Boris dichiara: “La mia canzone non è affatto anti-militarista, ma lo riconosco, violentemente pro-civili”.
La vita dell’autore fu pesantemente segnata al punto che, nei suoi lavori successivi, cominciò a firmarsi con uno pseudonimo per evitare ripercussioni politiche fino alla morte che giunse per problemi cardiaci, solo 5 anni dopo la pubblicazione nel 1959.
Andò ancora peggio al primo esecutore del brano Marcel Moulodji che venne esiliato per circa 10 anni dal mondo della musica francese.
Un pezzo di storia francese che grazie soprattutto a Ivano Fossati diventa patrimonio anche della cultura italiana.