Non è facile, oggi, parlare di legalità, neppure per due magistrati che a questi valori hanno dedicato la vita.
Da un lato, infatti, la giustizia sembra far fatica ad assolvere il proprio compito di garantire i diritti dei cittadini, col suo funzionamento sempre ostacolato da processi lunghi e costosi, scontri all’interno della magistratura, violazione delle leggi da parte di chi dovrebbe farle rispettare. Dall’altro lato, modelli sociali negativi diffondono una cultura della prepotenza e della furbizia, alimentando l’insofferenza nei confronti delle regole e la sfiducia nelle istituzioni. Ma sarebbe pericoloso cedere alla rassegnazione e al disimpegno, o limitarsi allo sdegno e alla denuncia. La giustizia, affermano con forza Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte, è stata e rimane un pilastro portante nella vita di una comunità e va difesa e sostenuta perché è un bene comune, l’unico strumento a salvaguardia delle libertà e dei diritti di tutti, e soprattutto di chi non ha né potere né privilegi. In questo libro lo dimostrano cercando esempi nella storia e nella cronaca italiane ed europee e nelle loro esperienze professionali, analizzando i problemi del processo e del carcere, affrontando le scottanti questioni della sicurezza, del terrorismo, delle mafie. Seguendo il percorso che propongono, diventa evidente che più legalità significa non solo più sicurezza, ma anche possibilità concreta di una migliore qualità della vita e speranza di una crescita per tutti, nella più ampia e profonda prospettiva della vera giustizia. Qualcosa per cui vale la pena di impegnarsi, fin da giovani.Nella quarta di copertina ci ricordano poi che:”Molti sono i fattori che incidono sulla felicità: la famiglia in cui si nasce; la scuola; i compagni in classe e fuori; il lavoro; la famiglia che si forma da adulti; la salute; la fortuna… Domandatevi ora se, a questo elenco, non sia il caso di aggiungere la legalità. Se è vero – e come abbiamo visto, lo è – che da essa dipende la qualità della nostra vita, la legalità può quasi dirsi sinonimo di felicità. E non ci sembra di esagerare”